Cappellania Ospedaliera

La celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’evoluzione della Sanità italiana e il rinnovamento della Pastorale della salute, hanno dato nuova linfa a tutte le componenti della comunità ecclesiale, indirizzando la stessa a riflettere e ad istituire nuovi organismi d’animazione e di coordinamento, al fine di raggiungere la persona nella sua interezza, intervenendo sia sullo stato fisico che spirituale ed ambientale. Nella premessa della Nota della CEI “La Pastorale della salute nella Chiesa italiana”, troviamo scritto: «Alla comunità ecclesiale, spetta il compito d’impiegarsi affinché i valori della vita e della salute siano rispettati e orientati verso la salvezza, e il momento della malattia e della morte possa ricevere oltre il sostegno della scienza e della solidarietà umana anche quello della grazia del Signore».

Da questo rinnovamento sono scaturiti diversi documenti conciliari e iniziative della Conferenza Episcopale Italiana che acquistano un particolare valore e significato per l’atteggiamento della Chiesa verso chi soffre e verso tutto il mondo ospedaliero.

Ed è proprio in questo contesto che si sviluppa il discorso della Cappellania.

La Cappellania Ospedaliera non nasce come  semplice organismo di collaborazione alla missione evangelizzatrice della comunità cristiana nel mondo sanitario, come è il “Consiglio Pastorale Ospedaliero”, e nemmeno come uno strumento transitorio di partecipazione alla responsabilità comune dei malati nelle Aziende sanitarie-ospedaliere per supplire i cappellani.

Essa nasce e prende forza dalla nuova ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II, e oggi anche sinodale che sollecita tutti i credenti, in forza del loro battesimo, ad assumersi gli impegni della loro vocazione e missione che sono quelli relativi alla Koinonía(comunione, partecipazione), della Martyría (testimonianza) e della Diakonía (servizio).Così facendo la cappellania diventa l’icona dell’intera comunità cristiana. I tre elementi che caratterizzano la sua fisionomia (comunione, testimonianza e servizio) sono fondati sulla comune vocazione battesimale e sulla diversità dei ministeri (Ef4, 1-7; 1Cor 12-14).

Il documento sulla pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana definisce, al n. 79, la cappellania come organismo ecclesiale, ossia “espressione del servizio religioso prestato dalla comunità cristiana nelle istituzioni sanitarie”. È composta da uno o più sacerdoti a cui possono (che oggi diventa devono) essere aggregati: diaconi, religiosi, laici.

Tale affermazione, basata sulla Sacra Scrittura (cfr. Mt 25,31-46; Lc 10,29-37), è maturata nella riflessione teologica del Concilio Vaticano II, che cito testualmente: «Soggetto primario della pastorale sanitaria è la comunità cristiana, popolo santo di Dio, adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santosotto la guida dei pastori» (LG 1). Essa diviene frutto della comunionalità comandata dal Vangelo, in forza di una pastorale rinnovata, che ha come obiettivo la molteplicità di interventi, di carismi, di espressioni, di obbiettivi che interessano i vari settori degli ospedali.

Essa è destinata a rappresentare il volto di Dio alleato della vita, amante della salute dell’uomo. Cristo deve essere presente nella vita di tutti i giorni, soprattutto dove c’è dolore, malattia, disabilità o persone anziane sole.

Il “Servizio di Attenzione Spirituale e Religiosa”offerto a tutta la famiglia ospedaliera che lavora nell’ospedale e a quanti lo frequentano, diventa espressione più concreta e specifica della missione terapeutica di Cristo che si pone lungo il percorso di cura di ciascun malato, senza trascurare i familiari per un’assistenza spirituale in cui vengano valorizzati modelli di accoglienza, incontro ed accompagnamento.

Si tratta di un lavoro delicato in un ambiente che vive il disagio a causa di continue riforme in atto e di fronte ad una crescente società multietnica e multireligiosa.

Siamo sempre più consapevoli che il nostro ospedale nella città di Palermo si colloca come ponte tra l’Europa, l’Oriente e i paesi dell’Africa. Occorre, quindi, incontrare e accogliere con spirito ecumenico malati, parenti e operatori sanitari di ogni religione per essere aiutati a dare un senso al dolore e all’assistenza religiosa facendo ricorso alle proprie risorse spirituali.

In questo modo la missione  dell’operatore pastorale diventa anche occasione di incontro e dialogo tra religioni, nella diversità dei percorsi spirituali delle persone presenti in ospedale.